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L’inverno demografico e la carenza di lavoratori mettono in crisi sempre più settori, ma a lanciare l’allarme, ancora una volta, è il mondo dell’agricoltura. “I tempi attuali per il reclutamento della manodopera extra-Ue sono incompatibili con le esigenze del settore primario”, denuncia Gabriele Baldi, presidente di Asti Agricoltura.
Il riferimento è soprattutto al decreto Flussi, ormai considerato da più parti uno strumento superato, inadatto a garantire alle imprese tempi rapidi e utili per l’impiego effettivo del personale. «Servono nove mesi per avere i lavoratori richiesti, praticamente i tempi di una gravidanza», spiega Baldi con amarezza. «Nel frattempo, le imprese si trovano a fare i conti con i ritmi della natura: ci sono stagioni per la semina, per la raccolta e per le lavorazioni intermedie. Non possiamo permetterci di perdere queste finestre temporali».
A complicare ulteriormente il quadro, l’introduzione di controlli rafforzati per alcuni Paesi d’origine, come il Marocco e il Bangladesh, ritenuti “a rischio”. Una scelta che ha bloccato decine di posizioni lavorative per le aziende astigiane che si affidano alla manodopera straniera per le attività nei campi e nei vigneti.
«La mancata continuità nei rapporti di lavoro danneggia l’intero territorio – sottolinea Mariagrazia Baravalle, direttrice di Confagricoltura Asti –. In molte aree collinari, come quelle a vocazione viticola, l’agricoltura rappresenta l’unica economia strutturata. E oggi non si parla più solo di manodopera non qualificata: l’agricoltura moderna richiede competenze specifiche, conoscenze digitali e formazione tecnica».
Baravalle evidenzia come almeno un terzo della forza lavoro nel comparto agricolo non sia di origine italiana o europea, e per questo chiede una svolta anche sul piano della professionalizzazione dei lavoratori stranieri: «Serve un sistema che non solo attragga persone in età lavorativa, ma le formi e le renda operative in tempi certi e compatibili con le necessità del settore. È una sfida che riguarda il futuro del lavoro e dei territori rurali».