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“Inaccettabile lasciare i parenti dei pazienti fuori dal Pronto Soccorso, soprattutto con 40 gradi”
Il Comitato Art. 32 di Asti ha inviato una lettera di protesta al direttore generale dell’ASL AT Giovanni Gorgoni, esprimendo forte contrarietà alla nuova disposizione che vieta agli accompagnatori dei pazienti di attendere all’interno del Pronto Soccorso dell’ospedale Cardinal Massaia.
La protesta nasce da un cartello affisso all’ingresso del Pronto Soccorso, che avvisa: una volta consegnato il paziente al personale sanitario, i parenti devono lasciare la struttura e attendere notizie da casa. Una decisione che ha suscitato indignazione tra cittadini e comitati civici.
A farsi portavoce del dissenso è stato Roberto Gerbi, ex direttore sanitario dell’ospedale e oggi rappresentante del Comitato Art. 32, che non ha esitato a definire la nuova regola “disumana e pericolosa”:
“Spesso anche gli accompagnatori sono anziani – osserva Gerbi – e costringerli ad attendere all’esterno, sotto il sole cocente e con temperature vicine ai 40 gradi, significa mettere a rischio anche la loro salute. È un metodo che rischia di trasformare accompagnatori in nuovi pazienti”.
Il comitato lancia anche un allarme in vista dell’inverno, quando le temperature rigide potrebbero peggiorare la situazione. “Chi si prenderà la responsabilità di un malore in attesa sul marciapiede?”, si legge nella nota.
“Disumanità e disconnessione”
Oltre alle criticità climatiche e logistiche, il Comitato solleva questioni legate all’umanizzazione delle cure. “Chi arriva al Pronto Soccorso – prosegue Gerbi – spesso deve attendere ore, con ansia e dolore, anche per codici considerati meno gravi. Non poter avere accanto un familiare è qualcosa che, umanamente, non possiamo accettare”.
Un ulteriore problema segnalato riguarda la carenza di segnale telefonico all’interno del Pronto Soccorso, già nota da tempo: “Chi viene lasciato solo non può nemmeno comunicare con l’esterno per ricevere conforto o avvisare di un problema”.
Le critiche più aspre arrivano in risposta ad alcune dichiarazioni riportate da un quotidiano locale, secondo cui il Pronto Soccorso sarebbe “un posto di cura, non di sosta” e che “gli accompagnatori devono tornare a casa e attendere la telefonata”.
Gerbi risponde con fermezza: “Chi ha pronunciato queste parole dovrebbe ricordare qualche principio deontologico e nozioni di psicologia di base”.
Appello al buonsenso
Il Comitato, pur riconoscendo le difficoltà operative e la pressione sul personale del Pronto Soccorso, chiede che la decisione venga urgentemente rivista. L’appello è rivolto direttamente al direttore generale Gorgoni e al direttore sanitario Andrea Fabbo, definiti “persone sensibili ai problemi dei cittadini, specialmente degli anziani”.
“Sappiamo bene quanto sia difficile lavorare al Pronto Soccorso – conclude Gerbi – ma crediamo che buon senso e umanità debbano guidare ogni decisione, soprattutto quando si tratta di accoglienza e vicinanza nei momenti più critici”.